domenica 29 aprile 2012

WOE ZO AD ATCHANVE'


Benvenuta ad Atchanvé


I bambini della scuola di Atchanvé, Togo, Africa con Vania Pirrone

Un assaggio di Atchanvé….


Ecco che finalmente sono stata alcuni giorni ad Atchanvé... è stato soltanto un assaggio, solo pochi giorni, per poi rientrare “alla base” per fare le cose tecniche e burocratiche (tipo il visto sul passaporto). Pochi giorni ma che sono bastati a riaccendere in me la voglia e il desiderio di essere qui, di andare, di fare.

Così, quando il villaggio mi è apparso davanti, subito l’ho riconosciuto, è stato come arrivare in un posto caro.. come arrivare dopo un lungo viaggio, finalmente alla meta... e così è stato, perché la strada per Atchanvé, come mi ricordavo bene, non è lunga come distanza, ma è molto sconnessa e difficile da percorrere... davvero in alcuni momenti si ha l’impressione di essere in mezzo al nulla.
Invece poi c’è il villaggio di Atchanvé, ed altri piccoli lungo la strada, e poi oltre più avanti... la Parrocchia di Atchanvé di cui fa parte la casa dove andrò a vivere io infatti è composta da diversi villaggi, circa 7, ma ancora non l’ho capito bene...
Ora vi racconto un po’ cosa c’è, poi vi dirò cosa ho fatto, e visto...
Ad Atchanvé c’è una comunità delle Suore di Notre Dame de l’Eglise, che mi ospiteranno. Sono state chiamate dal parroco, un sacerdote americano che è arrivato circa 5 anni fa. Al suo arrivo ha cercato di fare alcune cose per la gente del posto. All’inizio ha fatto costruire i pozzi dell’acqua, e ora tutti i villaggi hanno un punto in cui andare a prendere l’acqua, poi ha costruito una specie di ambulatorio medico e una scuola... per questo ha chiamato le suorine africane ad aiutarlo. Così suor Colette ha iniziato la scuola, partendo dalle classi della materna, all’inizio dentro la loro casa, in attesa della costruzione della scuola vera... e ogni anno è stata aggiunta una classe, e la scuola è cresciuta con i bambini che la frequentano. Oggi siamo arrivati a quella che corrisponde - più o meno perché ancora le corrispondenze non le ho capite - alla terza elementare.
Suor Jacqueline, infermiera, invece si occupa dell’ambulatorio. A lavorare con lei ci sono altri due infermieri e una ostetrica... poi c’è un ragazzo che fa le analisi in laboratorio, soprattutto il test per la malaria.
E poi c’è suor Marcelle che invece si occupa delle cose della parrocchia e dà una mano al parroco per tutte le cose amministrative. Perché oltre a quello detto sopra negli anni sono stati messi i pannelli solari per avere l’elettricità (che ancora non basta ad illuminare il villaggio, ma fornisce energia alle varie attività della comunità)... poi è stata aperta una panetteria, due piccoli negozi per avere i generi di prima necessità, la stazione di rifornimento carburante... e poi stanno partendo dei progetti per la vendita dei prodotti agricoli della zona, delle specie di consorzi di agricoltori per aiutare la gente del posto ad andare a vendere le loro cose fuori. Principalmente qui viene prodotta manioca... e poi forse c’è anche qualcos’altro che io ancora non ho visto o capito.
In casa c’è anche un’altra suorina più anziana che si occupa delle cose di casa, della terra, delle galline.
È tutto molto povero e molto misero ad Atchanvé... mi dispiace di non avere molte fotografie che ve lo possono mostrare. Non sono ancora brava, continuo a sentirmi un po’ ladra a fotografare, come se portassi via qualcosa... ma conto di migliorare.
Tutta la gente di Atchanvé è stata molto accogliente con me... il problema grosso qui è che parlano tutti in “ewe”, la lingua locale, che io non capisco e non conosco. Devo chiedere di parlare in francese... ma i bambini non lo sanno ancora... dovrò imparare io l'ewe, anche se so che sarà molto difficile, perché è una lingua molto diversa dalla nostra, molto “tonale”...
Il primo giorno l’ho passato con suor Colette a scuola... lì oltre che direttrice è anche insegnante della materna, ha il gruppo dei più grandi. Ho trascorso con loro la mattina, e con loro sono riuscita a fare le foto, che userò mentre vi racconto.
L’orario della materna è dalle 8 alle 11 e poi dalle 15 alle 17 ma bambini arrivano anche prima. Hanno tutti il vestito-divisa della scuola... verdolino... una ciurma di bambini verdolini...
La prima attività della mattina è l’educazione fisica, allora i bambini si tolgono la divisa, e chi ce l’ha rimane con il vestito che ha, altrimenti alcuni restano con le mutandine e basta.


Educazione fisica nella scuola di Atchané, Togo, Africa

I bambini fanno sport nella scuola di Atchanvé, Togo, Africa


Questo è il gruppo dei bambini delle due classi, quella di 4 anni e quelli di 5 anni. La ragazza è la loro insegnante... fanno diversi tipi di passi in cerchio...
Accanto c’è il gruppo dei più piccoli.



Bambini a scuola ad Atchanvé, Togo, Africa


Bambini a scuola ad Atchanvé, Togo, Africa

Fanno una specie di piccolo percorso: devono passare dentro la gomma e poi arrampicarsi e infilarsi dentro le tre impilate.
E i più piccolini hanno bisogno di aiuto...






Poi si rimette a posto...





Una piccola siesta...


Bambini che si riposano in classe nella scuola di Atchanvé, Togo, Africa


Poi ci cambiamo...


Scuola di Atchanvé, Togo, Africa


E pronti per ricominciare.


Bambini in classe ad Atchanvé, Togo, Africa


Si parte sempre con un canto.


Suora di Notre Dame de l'Eglise ad Atchanvé, Togo, Africa




Questa è la conta fino a 3... ognuno ha le sue tre pietre sul banco e la maestra li chiama ad uno ad uno per contare fino a 3.


Scuola di Atchanvé, missione in Togo, Africa


A metà mattina poi c’è la merenda... qualcuno la porta da casa, oppure la comprano dalle signore del villaggio che vengono. Non è una merenda, è praticamente un pasto!
Anche i più piccoli mangiano:


Bambini che mangiano a scuola, missione di Atchanvé, Togo, Africa


Suor Colette mi ha detto che avevano comprato le forchette per tutti, ma sono durate poco e sono sparite tutte... quindi si mangia con le mani!
E poi un po’ di gioco libero, prima di fare ancora un po’ di lezioni...



Bambini che giocano nella scuola della missione di Atchanvé, Togo, Africa


Bambini a scuola nella missione di Atchanvé, Togo, Africa


Per qualcuno la mattina è troppo lunga e faticosa e si è addormentato sul banco...


Bambini a scuola nella missione di Atchanvé, Togo, Africa


E così è arrivata l’ora in cui i piccoli della scuola materna sono andati a casa... io sono andata un po’ alla scuola elementare
Suor Colette mi ha fatto vedere i quaderni di una bambina che è la terza volta che fa la prima classe, e ancora non ha imparato a scrivere.
Così ho parlato un po’ con il suo maestro... più tardi nel pomeriggio ho anche provato a preparare delle cose per lei, ma ci vorrà un po’ di tempo per capire bene quali sono le sue vere difficoltà.
Sono poi rientrata a casa e quando sono tornata nel pomeriggio abbiamo fatto una foto con tutti i bambini insieme.



I bambini della scuola della missione di Atchanvé in Togo nella foto di classe


Il giorno dopo sono stata poco tempo a scuola. La mattina invece l’ho passata al centro di salute.
Una volta al mese vengono i bambini piccoli per le vaccinazioni... così mi sono ritrovata con circa una quarantina di mamme con i loro piccoli. Il più piccolino aveva un paio di giorni e il più grande forse un paio di anni. Ovviamente non ho fatto fotografie, scusate... ma ero un po’ stordita e confusa... c’era chi piangeva, chi scappava gattonando, chi si alzava in piedi... chi faceva pipì, chi puppava al seno e chi ciucciava una ciabatta! Una gran confusione!
L’ostetrica aveva il suo grande registro per scrivere tutto. Ogni bambino ha il suo libretto; allora prima gli viene messo il termometro e misurata la febbre, poi vengono infilati dentro un paio di mutandoni con la bretella e appesi alla bilancia appesa al soffitto, e io ho scritto il peso sul loro quaderno, stando attenta a non sbagliare, a capire bene il nome. Poi l’infermiera ha fatto un po’ di “educazione”... parlando di igiene, di salute e di come evitare la malaria. C’erano sette bambini con la febbre, e di questi ben sei erano positivi al test sulla malaria...
Poi hanno fatto i vaccini a quelli che dovevano farli... a quelli con la febbre è stata data la cura e un nuovo appuntamento per la prossima settimana... gli altri li rivediamo tra un mese...
Il pomeriggio poi sono andata a visitare un paio di villaggi. Ho accompagnato la suora che andava a controllare i punti vendita dell’acqua... io resto sempre molto sbalordita a vedere come queste donne si caricano i pesi sul capo: si mettono questi catini immensi colmi di acqua sulla testa e con eleganza vanno verso casa... e i bambini con la tanica più piccola!
Anche la mattina dopo sono stata al centro di salute... e mi sono resa conto che qui il concetto di “curarsi” è molto diverso che da noi... sono stata con Suor Jacqueline mentre cercava di convincere un ragazzo caduto dalla moto ad andare in ospedale per fare i raggi e il gesso, spiegando che poteva rimanere zoppo se non curava bene la frattura. Alla fine si è convinto... era dal pomeriggio prima che era lì con antidolorifici. Poi non vi racconto come ci è andato in ospedale, come lo hanno caricato sul cassone della jeep... certe cose so da me che non sono credibili... le dovrò documentare.
La stessa mattina ho assistito l’ostetrica che faceva le consulenze prenatali. Anche qui una volta al mese, le future mamme con il loro libretto: temperatura, pressione, peso, misura della pancia con il centimetro, visita ginecologica... e poi con quello strumento che si appoggia sulla pancia abbiamo sentito il battito del feto... lo ha fatto sentire anche a me.
Mi hanno spiegato che tante vengono a fare i controlli, ma poi poche vengono anche a partorire... dopo poco infatti è arrivato un piccino nato qualche giorno prima. Non sapevano bene cosa era successo, solo che il parto è durato molto, che probabilmente ha ingerito un po’ del liquido amniotico. Ma la sua mamma era serena... io avevo un po’ di panico, perché sembrava affogare da un momento all’altro, ma lei si è limitata a soffiargli sulla testa... non so che significato abbia...
Poi durante la notte c’è stato il bambino anemico da prendere con la jeep e da portare in ospedale... la suora poi ha proseguito per Lomé per andare a comprare le sacche di sangue per fare la trasfusione.
Mi sembrava tutto così irreale, eppure tremendamente vero... ho pensato a quanto io dia sempre per scontate molte cose e come qui invece niente è scontato... e si può anche morire così... e a quanto sono comunque ricca... perché posso sempre scegliere: scegliere di tornare a casa, e da lì scegliere da quale medico andare, o come vestirmi la mattina... sì, finché posso scegliere sono ricca... e forse devo imparare ad essere più riconoscente per tutto quello che ho avuto e che ho. Perché sentirsi in colpa per avere qualcosa che altri non hanno forse non serve a niente, ma saper ben godere di quello che abbiamo, saperlo apprezzare, non sprecare... essere grati e riconoscenti, non dare per scontato... questo lo posso ancora imparare... e forse lo devo anche dire un po’ di più.
Poi è arrivata la domenica, giorno di calma e di riposo. Sono andata alla Messa e ho passeggiato per il villaggio, accompagnando suor Colette a prendere alcune cose a scuola. 

La casa delle suore e la scuola sono ai due estremi del villaggio, quindi occorre attraversarlo tutto... se cammino per strada sono quasi una “celebrità”: tutti i bambini mi corrono incontro urlando “jovoo jovoo”, che vuol dire “bianco”... menomale avevo un sacchetto di caramelle in borsa, così ho potuto dargliele.
E poi il giorno dopo sono ripartita... ho lasciato a malincuore, ma so di tornare presto... mi rendo conto che quel posto l’ho atteso e desiderato, e pensato e programmato, e sognato. Mi rendo anche conto però che probabilmente le cose non saranno così, che sarà tutto molto difficile e anche diverso ed estraneo... ma so che l’unica cosa da fare è starci e stare con quello che c’è e che ci sarà... sono sicura che ci sono tante cose da fare per me, ma anche tanto da imparare e da vivere.
Quindi ora mi preparo, ancora qualche giorno e poi sarò ancora là, e spero di avere la forza di poter gustare ogni giorno che mi verrà dato di vivere là... gustarlo a pieno, apprezzarlo, esserne contenta e grata... con tutte le fatiche che verranno...
A presto quindi... la storia è ancora da inventare...


Vania

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