Centro Medico Sociale Saint Paul Gapè - Atchanvé |
Cari
amici,
eccomi
a raccontarvi un po’ della salute... è molto difficile, qui è
tutto veramente troppo diverso rispetto a noi... ma soprattutto è la
mentalità di questo villaggio che spesso mi lascia perplessa: le
persone di Atchanvé non amano farsi curare. Suor Jacqueline, la
suora infermiera responsabile del centro di salute, continua a dirmi
che io non posso capire, e che lei stessa non capisce... che in tutta
la sua carriera di infermiera non ha mai trovato un villaggio così
ostile alla salute...
C’è
da dire che il dispensario è aperto soltanto da quattro anni, e
prima non c’era niente e nessuno... anzi c’era un signore che
curava a casa, non si sa bene come, per il resto ci si curava (e
purtroppo ci si cura ancora) soltanto con le erbe e con quel che si
trova...
In
questi quattro anni sembra che le cose siano molto migliorate, anche
se c’è ancora molto da fare.
Ora
vi racconto un po’ come è organizzato e come funziona il
dispensario. Ci ho trascorso e ci trascorro molto tempo. All’inizio
non capivo niente, ora invece ho capito come funzionano le cose, cosa
succede quando arriva un malato... quindi posso provare a
spiegarvelo...
Come
vi ho già detto la responsabile è suor Jacqueline, infermiere di
stato... in pratica fa quello che da noi fanno i medici, cioè è lei
a fare le consultazioni, e quindi è medico generico, ma anche
pediatra, ginecologo, ostetrica e all’occorrenza neonatologo...
Insieme
a lei c’è Cesaire, infermiere permanente... anche lui fa più o
meno le stesse cose... la differenza tra “di stato” e
“permanente” è che l’infermiere di stato ha fatto una vera
scuola, sui banchi, con la teoria... il permanente ha fatto solo tre
anni di pratica, direttamente sul campo...
ma
poi quando sono in servizio la differenza è minima, a parte gli anni
di esperienza.
Poi
ci sono le ostetriche, Florence e Elisabeth, loro non fanno le
consultazioni, ma fanno quello che da noi fa un infermiere:
iniezioni, flebo, presa dei parametri... e tutta la parte della
Consultazione PreNatale (CPN), il monitoraggio della crescita dei
bambini (CPC) e le vaccinazioni... oltre ovviamente i parti...
Elisabeth si occupa anche della farmacia.
Tutto
questo in teoria. La realtà di oggi è che Elisabeth ha lasciato il
lavoro per seguire suo marito, una vera “scelta d’amore” che mi
ha colpito molto... e Florence in questi giorni ci sta lasciando... quindi siamo in cerca di una nuova ostetrica.
Intanto
io ho preso il ruolo della farmacia, e cerco di dare mano per quel
che posso.
Quindi
vi racconto cosa succede quando arriva un malato.
Il
centro si trova in una zona un po’ appartata... i malati arrivano a
piedi o in moto, che sono gli unici mezzi di trasporto in questo
villaggio... è
aperto dal lunedì al venerdì dalle 7,30 alle 15 e il sabato fino
alle 12... se un malato arriva fuori orario viene a cercare suor
Jacqueline a casa... quindi è sempre aperto... anche la notte c’è
sempre qualcuno di guardia, oppure il guardiano stesso viene a
chiamare la suora a casa...
Non
sono soltanto le persone di Atchanvé a frequentare il centro, ma il
servizio copre un’area molto vasta di villaggi e villaggini...
All’arrivo
viene chiesto se il paziente ha il “carnet”... è un libricino
dove si scrive il nome, l’età, sesso, provenienza... e poi ci sono
le pagine bianche per scrivere le consultazioni e le prescrizioni di
medicinali... se il paziente non ha il suo carnet allora gliene diamo
uno nuovo... questo vuol dire che è la prima volta che viene da noi,
oppure che ha perso il suo carnet... e questo è abbastanza facile.
Quindi
si prende la temperatura e il peso... agli adulti anche la pressione
arteriosa... tutto
questo avviene nella sala di attesa.
Quando
il paziente ha tutte le informazioni scritte sul suo carnet allora
passa alla sala di consultazione.
Qui l’infermiere fa la consultazione, cioè la visita. Si interroga il malato sui sintomi e sulla durata della malattia... è qui che quasi sempre si scopre che i sintomi ci sono da alcuni giorni, difficilmente meno di cinque. Questa è una cosa che all’inizio mi lasciava un po’ stupita, ma ora mi stupisco del contrario... quando arriva qualcuno che dice che è malato soltanto da uno o due giorni, la maggior parte delle volte non è di Atchanvé. Ormai i malati che non sono di Atchanvé ho imparato a riconoscerli appena entrano... non so spiegarvi, ma hanno proprio un’attitudine diversa.
Qui l’infermiere fa la consultazione, cioè la visita. Si interroga il malato sui sintomi e sulla durata della malattia... è qui che quasi sempre si scopre che i sintomi ci sono da alcuni giorni, difficilmente meno di cinque. Questa è una cosa che all’inizio mi lasciava un po’ stupita, ma ora mi stupisco del contrario... quando arriva qualcuno che dice che è malato soltanto da uno o due giorni, la maggior parte delle volte non è di Atchanvé. Ormai i malati che non sono di Atchanvé ho imparato a riconoscerli appena entrano... non so spiegarvi, ma hanno proprio un’attitudine diversa.
Le
malattie più frequenti sono la malaria e i disturbi di pancia... la
famosa “pancia africana” che anch’io sto facendo mia, pancia
abitata da un certo numero di parassiti e animalini...per
questo le analisi che più frequentemente vengono fatte sono il test
per la malaria e le analisi delle feci... a
proposito di analisi occorre aprire una parentesi: c’è un
laboratorio per le analisi, ma il tecnico di laboratorio (che sta
terminando la formazione all’ospedale) viene soltanto il sabato
mattina... quindi le analisi vengono prescritte, ma intanto si
comincia la cura senza aspettare i risultati... per la malaria esiste
un test rapido: si buca il dito del malato e si mette una goccia di
sangue in uno stick, poi con un reagente si aspetta il risultato...
altrimenti si fa il solito prelievo e si prepara già il vetrino per
il tecnico che arriverà sabato, e si chiede al malato di tornare
sabato mattina per avere il risultato.
Dopo
che l’infermiere ha fatto la prescrizione e riempito il suo grande
registro, allora si passa dalla farmacia per comprare le medicine
prescritte... anche qui occorre registrare tutto... questo era il
lavoro di Elisabeth... ora
quando sono qui sono io a farlo, altrimenti anche questo tocca a suor
Jacqueline o a Cesaire... si fa una ricevuta e si mettono le medicine
dentro un sacchetto... le medicine vengono vendute sfuse, soltanto il
numero che serve... a volte il denaro non basta per tutte le cose
prescritte, allora si deve fare una cernita, si dà soltanto parte
dei prodotti, o quelli che bastano per i primi giorni, e poi quando
trovano i soldi allora vengono a prendere il resto.
Poi
occorre dare la posologia, cioè con un pennarello si disegnano tante
linee quante pasticche bisogna prendere... ad esempio una la mattina e
una la sera, allora una linea in cima e una in fondo al blister...
Questa
cosa di dare la posologia io non sono capace di farla, perché non so
parlare in ewe, e la maggior parte delle persone che arrivano al
centro non capiscono il francese... a
volte è veramente molto difficile, soprattutto con le persone
anziane.
Questa
è suor Jacqueline che cerca di spiegare ad una vecchietta come
prendere le sue medicine.
Quindi
io adesso cerco di fare tutto quello che prima faceva Elisabeth alla
farmacia, le ricevute, la distribuzione delle medicine, la chiusura
della cassa... almeno fino a quando non verrà sostituita e per
cercare di alleggerire il lavoro di suor Jacqueline e di Cesaire... ecco
una foto di Elisabeth alla farmacia.
Accanto
alla sala di consultazione ci sono altre due piccole stanze... una
è la stanza delle iniezioni, dove c’è un lettino per far stendere
i pazienti e fare appunto le iniezioni, l’altra
è la sala delle medicazioni, dove vengono fatte tutte le
medicazioni, le suture e tutte quelle cose lì.
Questo
è Cesaire mentre medica un bambino che è caduto e si è fatto male
alla testa, non so quanti punti di sutura aveva.
Tante
delle persone che arrivano qui hanno bisogno di fare le flebo... è
una cosa che viene prescritta spesso... la cura delle forme di malaria
più grave viene fatta in endovena, e poi si aggiungono sempre le
vitamine, che non fanno certo male.
Così
c’è una sala con tre letti per i pazienti che devono fermarsi per
fare le flebo... quelli che vengono da più lontano scelgono di
restare anche per la notte, gli altri arrivano la mattina, fanno la
flebo e tornano a casa.
Ecco
una foto:
A
parte tutto questo c’è il “reparto maternità”, se così
possiamo chiamarlo.. cioè tutto quello che ha a che fare con la
gravidanza e il parto.
Premetto
che solo un piccolo numero di donne decide di venire a fare i controlli
prenatali (che qui si chiama la CPN) e ancora meno vengono a
partorire al centro... la maggior parte dei parti avviene a casa,
senza assistenza e in condizioni veramente poco igieniche... sapete
che al villaggio non c’è elettricità, non c’è acqua se non
quella che si va a prendere alla pompa... le case sono capanne di
fango, tetti di paglia, animali che circolano... quindi vi lascio
immaginare quanti e quali rischi si corrono a venire al mondo qui...
senza tener conto del fatto che se succede qualcosa, se c’è una
complicazione, l’ospedale più vicino è a un’ora e mezzo di moto
e spesso è impossibile trovare un'automobile al villaggio, fatta
eccezione per quella della Parrocchia, che spesso è impegnata..
Da
quando sono qui ho già assistito alla morte di almeno tre bambini
durante il parto, perché hanno aspettato troppo prima di andare
all’ospedale... spesso infatti, quando i malati vengono inviati in
ospedale perché hanno qualcosa che qui non si può curare, rifiutano
di andare, oppure aspettano, e qualche volta è troppo tardi... Jean
Claude, un bambino di tre anni che veniva a scuola da noi è morto
sulla moto... hanno aspettato troppo prima di partire e lungo la
strada non ce l’ha fatta, ha semplicemente smesso di respirare... e
sono tornati indietro...
Ma
torniamo alla CPN, la consultazione prenatale, viene fatta una volta
al mese, a partire dal terzo mese. Vengono presi temperatura, peso,
pressione... poi si misura la pancia con il centimetro da sarta, e
questa è la misura per sapere l’età gestazionale... si prende il
battito fetale con quell’attrezzo che si appoggia sulla pancia,
dovete scusarmi, ma non conosco il termine tecnico... si fa l’analisi
dell’albumina con uno stick istantaneo delle urine e poi si fa la
visita ginecologica... tutte le informazioni vengono raccolte in un
carnet, un libretto apposta che accompagna la donna fino al parto.
Ecco
alcune foto della stanza della CPN.
Ho
pensato molto se fosse il caso di fare una foto durante un parto,
Suor Jacqueline mi ha detto che potevo farlo, ma io non ero troppo
convinta di entrare in un momento tanto intimo e delicato... ma tutti
i miei dubbi sono stati vinti dal caso... da quasi un mese non si
hanno nascite al centro, e quindi dovete accontentarvi di una foto
della stanza vuota...
Dopo
il parto le donne restano in una stanza che si trova di fronte alla
sala parto, se non ci sono complicazioni particolari stanno lì
almeno un giorno, e qualcuno della famiglia si ferma sempre con
loro...
Ecco, così abbiamo finito il giro del centro..
Ah,
ho dimenticato di mettere le foto del laboratorio: questo è Koffi
al lavoro…
Più o meno vi ho raccontato tutto quello che succede dentro il
dispensario.
All’inizio
è stato molto difficile per me restare lì... non capivo molto bene
cosa succedeva e poi mi sembrava tutto così incredibile... da noi
quando siamo malati corriamo dal dottore, andiamo in ospedale ed
esigiamo assistenza, competenza, velocità.
Qui
c’è tutto servito ma la gente non arriva... ci sono dei giorni in
cui si vede un solo malato durante tutta la giornata.
All’inizio
ho pensato fosse un problema di soldi, visto che si paga tutto... ho
pensato che la gente non arrivasse perché non aveva i mezzi per
farlo.
Poi
ho pensato che è una questione di priorità, la salute non è
prioritaria, se per portare il mio bambino in ospedale devo lasciare
il lavoro nel campo rischiando di non aver niente da mangiare, allora
in ospedale non ci vado, o almeno aspetto...
Poi
mi sono resa conto che è proprio una questione di mentalità... è
successo con Gerome, un bambino della scuola che è caduto e si è
rotto il braccio, frattura scomposta... la suora lo ha immobilizzato,
dato gli antidolorifici e mandato in ospedale per fare la radiografia
e mettere il gesso... ma il suo babbo non ha voluto, ha detto che lo
avrebbero curato a casa, con le erbe, “all’africana”... io non
capivo, ho chiesto alla suora, siamo andati a parlare con il babbo e
io mi sono offerta di pagare le spese mediche, perché non potevo
proprio accettare che Gerome restasse così a casa... è un bambino
intelligente, molto in gamba, uno dei primi della sua classe...
Ma
il babbo ha detto no, che non è una questione di soldi, ma che a
casa sua si fa così... il gesso in questo villaggio è visto come una
maledizione... e così Gerome è rimasto a casa, almeno hanno
accettato gli antidolorifici... e il suo braccio è rimasto un po’
stortino, si vede proprio lo spunzone dell’osso che non si è
saldato bene.
Mi
ha fatto tanta rabbia, ma è stata una lezione per capire che con i
soldi non si può comprare tutto e che ci vuole tanto tempo per
cambiare il pensiero delle persone.
Ogni
tanto mi rendo conto di essere persa in un buco di mondo, lontana da
tutti, da tutto, dove tutto è diverso e straniero... ma poi mi
accorgo che le persone sono persone, che vivono e soffrono proprio
come me, come si fa dall’altra parte del mondo... solo che qui ci
sono molte meno possibilità, molti meno mezzi e opportunità... molto
meno da scegliere.
Se
stai male, se stai male veramente, se c’è un’emergenza, rischi
di morire solo perché non c’è una macchina disponibile per
portarti in ospedale.
Mi
piacerebbe tanto regalare a questa gente un’ambulanza, che qui deve
essere un’automobile attrezzata, che sia sempre qui, sempre pronta
e disponibile per correre quando c’è bisogno. Spero di riuscire a
realizzare questo progetto, ma so che ci vorrà tempo... lo sto
soltanto pensando...
Vi
farò sapere...
A
presto,
Vania
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